Recensione #Libro1 - Fabio Geda Itadakimasu - Umilmente ricevo in dono

domenica, gennaio 11, 2015 , , , 1 Comments

immagine tratta da wikipedia


L'isola accessibile

Ciò che un paradosso non dice.

Ci sono cose a cui non si è mai preparati del tutto, ad esempio questo Blog, questa sfida #Progetto52, ma soprattutto non si è mai preparati al lavoro sporco che solo i libri sanno fare nella nostra immaginazione.
Nessuno ci dice a pagina uno che dobbiamo cambiare abito, aggiungere una coperta al piumone, infilare dei sandali o ripararci dal vento, nessuno a parte lo scrittore sa o finge compiaciuto di sapere come indosseremo il suo scritto.
Pertanto non mi aspettavo di dover organizzare un viaggio a stomaco vuoto, in cui il pranzo al sacco non era richiesto e l'unica fame che avrei sentito sarebbe stata quella della curiosità.

L'Ossimoro più scontato:  Viaggiare Immobili

Da ogni angolazione si affrontino il centinaio di pagine di Fabio Geda nel suo Itadakimasu - Umilmente ricevo in dono non si trovano imperfezioni, pare che il narratore abbia imparato in fretta la lezione della terra del Sol Levante dove ogni cosa è tesa al raggiungimento della perfezione.

È un viaggio oserei definire autobiografico, una scoperta di Tokyo con forse la pretesa di voler andare oltre e attraverso il cibo - che si rivela come vero protagonista insieme all'animismo millenario alla metropolitana ad un gatto e a qualche Ramen cucinato come tradizione impone - e di insegnarci qualche cosa su una cultura antica e singolare che solo vivendola, respirandola, "mangiandola" si può riuscire ad assimilare. Probabilmente solo in parte.

La Collana per cui è pubblicato è Allacarta e si occupa, da quanto ho capito, di raccontare il mondo attraverso il cibo, fortuna vuole che ci sia molto di più dentro queste pagine.

Si passa dallo Shintoismo a Sampei, da Murakami a Maneki-Neko attraversando la metropolitana di Tokio fino allo spettacolo dell' Hanami (il godere della bellezza primaverile della fioritura )

Ogni passaggio è sottolineato da un sapore, un piatto, che più di questo è una usanza: una tradizione che può vantare a diritto lo stessa considerazione che noi regionalmente parlando diamo a quelle ricette che le nostre nonne cucinano da sempre tramandate nel tempo. Non basta ed è per questo che il libro diventa inaspettato, perché ci ingolosisce, ci lascia intendere che solo passando attraverso quei quartieri quei territori, sedendosi a quegli sgabelli e guardando negli occhi chi cucina il nostro piatto potremmo apprendere davvero la ragione di un popolo.

Tokio e forse il Giappone intero viene presentato come un enorme ossimoro, un paradosso dove tante cose iniziano essendo un significato per poi rivelarsi solo se ne accostiamo il suo opposto. 

In fondo ci viene fornita una chiave di lettura diversa e prospettica di una terra e di una cultura da molti, me per primo, inesplorata, anche e soprattutto nelle arti sia visive che letterarie.
Ed è proprio grazie a questo paradosso che mi sono incuriosito e questa "fame" mi ha letteralmente divorato.

Ho iniziato #Progetto52 nel migliore dei modi, viaggiando, e non importa se ciò che ho indossato quando ho aperto il libro non era pertinente, ciò che ho scoperto essere importante è che adesso ho una meta in più da raggiungere, proprio là, dove sorge il sole e parlare di sushi a cuor leggero è quasi una bestemmia.


Recensione Sensoriale


Vista: Una ciotola fumante

Udito: sarò scontato ma dopo dieci pagine la fischiettavo: Forbidden Colors

Olfatto: Il bucato appena steso

Gusto: Frutta candita

Tatto: Un Petalo

Voglie Impulsive


Leggere Banana Yoshimoto Kitchen

Organizzare una fuga "millenaria" a Tokyo

Provare la claustrofobica sensazione di un riposino in un Capsule Hotel


Luca Morello

Unknown

Leva Cestistica del '79; da sempre amante della buona musica, delle belle storie e dei propri sogni.

1 commento:

  1. ...io credo che i libri ambientati in Giappone portino con sé una sorta di malia. A me è successo così con i libri di Banana Yoshimoto in epoca adolescenziale ed è stato poi il punto di partenza per la lettura di Murakami. Forse è quell'atmosfera a tinte pastello, quella sottile malinconia in sottofondo o forse solo che per noi europei è un mondo così "altro" da sembrare fantastico -inteso come frutto della fantasia- perché solo in Giappone puoi pensare che esistano i Capsule Hotel, a meno che qualcuno non si decida ad esportare in format anche qui, in una grandiosa idea di business... ... ... <3

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